<%@ LANGUAGE = JScript %> <% l(); %> ACME Italia - Sito Italiano di Razzimodellismo
LANCI
HOME
2° Razziraduno - Lleida (Spagna)
8/12 agosto 2002

report di Cristiano Casonati

Gallerie foto:
Spain Rocketry, Stefano "Vyger" Pozzato, Josè Luis Cortijos
Rassegna stampa

Giovedì mattina ho pensato di andare direttamente in Via Anguissola con il bus, tanto sono uno che si sveglia molto presto. Alle otto e un quarto mi son messo a leggere davanti al negozio di Stefano. Di lì a un quarto d'ora è arrivato Tommaso accompagnato dalla sua gentilissima mamma in qualità di "nocchiero" di ritorno per la sua auto. Abbiamo cominciato a chiacchierare e intanto è arrivato Stefano. La mamma di Tommaso, prima di ripartire per casa, ci ha raccomandato il suo "bambino", chiedendoci di "tenerlo d'occhio". Stefano ed io le abbiamo risposto che molto probabilmente sarebbe accaduto il contrario, conoscendo Tommaso. Insomma, non so se siamo riusciti a tranquillizzarla. Aspettando Vyger che segnalava via cellulare o via SMS che era in arrivo abbiamo fatto tappa al bar perchè ovviamente Stefano non aveva fatto colazione. E intanto commentavamo piangendo le notizie di Marco che abbandonava la spedizione a causa del tombino (birichino!).

Vyger è arrivato intorno alle nove e venti e dopo i convenevoli qualcuno ha cominciato a caricare i bagagli. Stefano si è messo alla guida e, maltrattando il diesel tirandolo a cinquemila giri prima di infilare la seconda, alle ore dieci è iniziata l'avventura. Comodissimo e pulitissimo, il furgone si è rivelato spazioso e arieggiato. Marco ci si sarebbe trovato benissimo e avremmo veramente avuto spazio sufficiente anche per molta altra attrezzatura, pazienza. Infilata l'autostrada, i centotrenta parevano il picco massimo di velocità del ferro da stiro. Si preannunciava un viaggio piuttosto lungo.

lunedi mattina pulmino.jpg Stefanocam.jpg TomVygerpulmino.jpg Vilcoyote verso casa.jpg

Micaela si è rivelata molto discreta, tranquillissima e intellettuale, sfoderando un libro di Luciana Litizzetto; ma avrei notato molte altre cose, tra le altre, del suo carattere. Di fianco a me (io ero al portellone, dietro a Tommaso navigatore), sulla seconda fila c'era Vyger che cominciava a estrarre tutta una serie di utilissime apparecchiature elettroniche che in un viaggio NON devono mancare: un cellulare, un computer palmare, una calcolatrice a forma di ranocchio o qualcosa di simile, un GPS portatile. Me lo ha messo in mano e mi ha spiegato che l'apparecchio, semplicissimo, avrebbe dovuto raccogliere il segnale di soli diciotto satelliti prima di fornire utili informazioni come la velocità a cui ci spostavamo o l'altitudine a cui ci trovavamo. Quindi avrei dovuto mettere il braccio fuori dal finestrino per permettere all'antenna di ricevere bene la RF e in sole sei ore il vivace attrezzo avrebbe cominciato a funzionare. Spiegai che non mi andava di rimetterci un braccio nel caso si fosse dovuto viaggiare vicino ad altri veicoli e tra le altre cose spiegai che se un improvviso ostacolo fisso sulla strada mi avesse amputato il braccio molto probabilmente avrei perso anche il GPS. Vyger ha subito compreso la ragionevolezza delle mie obiezioni e mi ha dato l'autorizzazione a tenere il GPS vicino al finestrino pur tenendo il braccio all'interno del veicolo.

Poco prima di entrare in territorio francese ci siamo fermati per fare il pieno di gasolio e fidando dell'esperienza di Stefano e della sua riconosciuta abilità economica, abbiamo deciso che per risparmiare avremmo rifatto rifornimento solamente dopo essere usciti dalla Francia. Come sapete tutti, in Francia il gasolio è costosissimo. Appena passata la frontiera, tardino, abbiamo cercato un autogrill per mangiare qualcosa. Abbiamo optato per un panino. Merci. Si pose subito il problema di tenere nota delle spese, dato che avevamo il programma di riparto delle spese generali noto come "alla romana". Quindi io, in qualità di ragioniere temporaneamente ritornato in servizio (nonostante fossi appena entrato in ferie), mi son messo ad aprire un mastrino per registrare tutte le uscite.

In Francia i caselli autostradali si sono rivelati numerosissimi e ovviamente francesi. Vale a dire assurdamente progettati per darti i tagliandi molto più in alto o in basso di dove si trovi la testa del guidatore, e programmati per far pagare cifre assurdamente al di là del ragionevole. In più, l'altezza massima di alcune entrate è di due metri. Siccome il guidatore era abituato alla conduzione di automobili, spesse volte abbiamo infilato il pulmino in corsie sbagliate.

In serata abbiamo passato la frontiera e si sentiva finalmente l'odore della Spagna (nacchere e espadrillas, olè). Nuova fermata e gasolio a volontà, con sosta igienica per i bisognini. Tommaso alla guida. E abbiamo cominciato a sfoderare le cartine fornite da Josè, veramente particolareggiate e precisissime, solamente stampate troppo piccole, con le scritte di Josè in rosso su fondo rosso. Vyger aveva il suo GPS acceso collegato al pc palmare e finalmente notavamo che marciavamo verso Barcellona. Purtroppo Vyger non aveva inserito nel palmare altre zone geografiche dei dintorni di Barcellona. La cosa è diventata piuttosto angosciante dopo il tramonto, quando, nei pressi della importante città, ci serviva un'indicazione di dove dirigerci. Abbiamo imboccato, verso le ventidue, una strada che avrebbe immesso nella tangenziale. Il nostro giro turistico è praticamente iniziato così, facendo avanti e indietro la grande carretera ad anello, con Vyger che diceva più o meno "dobbiamo girare a destra QUI", con Tommaso che chiedeva: "dove?" e Vyger rispondeva: "all'uscita che abbiamo APPENA passato". Insomma, le informazioni c'erano ma arrivavano esattamente UN secondo dopo il momento in cui erano necessarie. Stefano intanto era assorto nell'interpretazione delle cartine cartacee e arrivava alle medesime conclusioni del GPS di Vyger, ma Tommaso si sentiva dare delle indicazioni palesemente contrastanti, per cui tirava diritto ad ogni biforcazione. Il risultato fu che a un bel momento siamo usciti dalla tangenziale e ci siamo trovati a una rotonda con un sacco di uscite sulle quali NON erano segnalate le destinazioni. Abbiamo girato in tondo per svariate volte, nel dubbio di infilare la strada sbagliata. Finchè ci siamo fermati e Stefano ha contattato telefonicamente Josè.

Il quale ci ha fornito importantissime informazioni circa il modo di interpretare la segnaletica spagnola. In pratica, il furbissimo trucchetto per destreggiarsi nella rete stradale iberica consiste nell'ignorare le indicazioni che indicano la meta a cui si vuole arrivare e puntare invece decisamente verso le più fantasiose destinazioni. Tanto esistono alcune uscite che portano miracolosamente nel posto giusto. Una di queste era la quarantottesima, che è proprio quella DOPO la QUARANTASEIESIMA, dato che NON ESISTE la quarantasettesima. Semplicissimo, no? Come dio volle, siamo ritornati sulla tangenziale e abbiamo sbagliato, grazie ai potenti mezzi tecnologici di Vyger e grazie alla cartina di Stefano, solamente altre due volte. Stefano cominciava a fumare dal nervosismo, pensando a Josè e a sua moglie che ci stavano aspettando a Castelldefels da molte ore. Trovammo la macchina di Josè che erano circa le ventitrè e quaranta. Josè aveva corrotto il personale del ristorante che stava tenendo aperto solo per noi. Abbiamo cenato dopo mezzanotte e per fortuna l'albergo era a poche decine di metri di distanza. Intorno all'una e trenta siamo andati in albergo, dopo avere scaricato TUTTA l'attrezzatura modellistica e averla sistemata in uno sgabuzzino dell'hotel a nostra disposizione. Josè ci aveva consigliato di non lasciare nulla sul pulmino, dato che anche in Spagna esistono simpaticissime persone interessate alla altrui proprietà. Tutto il mondo è paese.

In camera alle due meno venti, dopo avere chiacchierato nella hall con Josè che ci ha mostrato del materiale interessantissimo circa la organizzazione del raduno. Alle due del mattino spensi la luce. Il che non coincide con l'ora in cui mi sono addormentato.

L'alba arrivò, a norma delle vigenti leggi sull'ora legale, verso le sei e trenta, attraverso (e nonostante!) le pesanti tende della mia camera. Mi girai nel letto per un'oretta, tentando inutilmente di prendere sonno. Quindi doccia e preparazione all'escursione in spiaggia. Avevamo deciso di ritrovarci nella hall dell'albergo alle ore nove e trenta, in tenuta da bagnanti, per andare in spiaggia e passare una mattina da vacanzieri-tipo.

gruppo spiaggia.jpgsorvolo.jpgspiaggia4.jpgTom e Stefano.jpg

Ahimè, io un vacanziero-tipo NON lo sono mai stato, proprio non lo so come si fa. Per cui alle ore nove ero già fuori, nel cortiletto tra le due palazzine del lussuoso hotel. Abbastanza puntuali arrivarono Micaela e Vyger e quest'ultimo ha subito cominciato a spargere sospetti circa il ritardo di Tom e Stefano che dividevano la stessa stanza. Poco prima delle dieci si son presentati anche loro, ponendo fine alle malignità, e tutti insieme siamo andati a un vicino baretto per fare colazione. Se non fosse stato per il clima secco e per la visibile spiaggia a cinquanta metri, avrei detto di trovarmi a Ostiglia. Il paesino è per certi versi molto simile.

Cinque mozzarellone ambulanti si aggiravano per la deserta spiaggia di Castelldefels, intorno alle ore dieci e trenta. La definizione, azzeccata, è di Stefano. Eravamo tutti bianchi e molto coperti, ma l'idea è ben rappresentata da questa immagine. Siccome dovevamo lasciare la stanza a mezzogiorno, dovevamo fare piuttosto in fretta e "dovevamo" deciderci e spicciarci a divertirci. La cosa non andava molto giù a due componenti della spedizione, cioè a Vyger e al sottoscritto, mentre Tommaso, Stefano e Micaela sfoderarono regolamentari costumi da bagnanti. Tommaso e Stefano si buttarono perfino in acqua, mostrando insospettate capacità galleggianti e propulsive-natatorie.

A un certo momento vidi una luce sinistra negli occhi di Stefano e compresi che ci sarebbe scappato il regolamentare scherzetto verso lo scemo del gruppo. Mi preparai alla fuga ma i due se la presero con Vyger, agguantandolo per le braccia e per i piedi e, come si fa in tutti i gruppi di allegri villeggianti, lo buttarono in acqua, mentre io tentavo di riprendere fotograficamente l'evento. Ma, siccome avevo perso il momento dello splash-down, chiesi di ripetere il giochino; purtroppo, bagnato, Vyger risultava molto più scivoloso e sfuggente e la brillante trovata fallì.

scherzetto Vyger.jpgdopo lo splashdown.jpghotelhesperia.jpg

Il fisico dei nostri eroi non è ben raccontato dalle immagini che ho scattato, diciamo che la macchina fotografica ha operato una grossa battaglia digitale per la correzione dei difetti dei soggetti inquadrati, risultando spesso vittoriosa e arrivando a mostrare ragazzi anche quasi belli. Sappiate però che la realtà, vista con gli impietosi ancorchè miopi occhi del vostro cronista, è ben diversa.

Intorno a noi c'era veramente pochissima gente, e io aspettavo che la spiaggia si animasse, in modo da offrirmi l'occasione per riprendere le bellezze naturali, intese come esponenti femminili del genere umano, delle speciali categorie via via sempre più selettive delle "giovani", "magre", "appariscenti". Ahimè, a Castelldefels non ne esistevano, o, se esistevano, erano accompagnate da esponenti del genere maschile.

Molto vicino alla nostra postazione una signora non più giovane (dell'apparente età di nonna Abelarda, temo), dopo aver animatamente discusso con due ragazzi che giocavano a palla volante proprio a due metri da lei, si è tolta la parte superiore del costume. Siccome i liquidi non hanno forma propria ma assumono quella del contenitore che li ospitano, inevitabilmente la signora, privata del "contenitore", si "riversò", letteralmente, sulla spiaggia, spalmandosi come nutella, in estate, su un panino. Non studiai molto la faccenda perchè io sono notoriamente attratto per la osservazione di fenomeni fisici, ma c'è un limite a tutto.

Stefano dichiarò che avrebbe volentieri approfittato del sole spagnolo per abbronzarsi. Tommaso si adeguò e Micaela anche. Insomma, per buoni trenta minuti abbiamo chiacchierato sotto il sole parlando di aeroplani, motori ibridi, rampe di lancio e altre simili amenità. L'ora di riconsegnare le chiavi si avvicinava e decidemmo di lasciare la spiaggia. Toccata e fuga. Dopo esserci ricomposti e trasformati da bagnanti in turisti, riempimmo nuovamente il pulmino di tutta la roba temporaneamente accatastata nello sgabuzzino gentilmente concessoci dalla direzione dell'hotel.

Nuovamente in marcia verso Barcellona. Le indicazioni di Josè erano veramente ottime e molto presto siamo arrivati sotto casa sua. E ci siamo trasformati in normali turisti. Posteggiato il pulmino in un vicino distributore, Josè e sua moglie si sono trasformati in gentilissime guide e ci hanno accompagnati nei più bei posti della città. Abbiamo visto molte caratteristiche cose, tra le quali un ristorantino all'aperto, proprio davanti alla spiaggia. Dato che erano le tre del pomeriggio, abbiamo pensato che fosse l'ora di pranzare. Ottima l'idea di prendere posto a un tavolo vicinissimo a un cantiere edile. Josè ci aveva appena spiegato che di solito nel pomeriggio il lavoro comincia piuttosto tardi, per via del sole feroce, per continuare fino quasi a sera. Ma la giornata era piuttosto fresca e, proditoriamente, gli operai iniziarono proprio in quel momento ad azionare una sega circolare che produceva circa centoventi dB.

Barcellona1.jpg barcellona2.jpg gruppo foto xyz.jpg palmahesperia.jpg

palazzo Barcellona.jpg particolare facciata.jpgfacciata Sagrada con gruppo.jpgspiaggia.jpg

Non era particolarmente fastidioso, ma quando, circa mezz'ora dopo, il rumore della lama è cessato, accompagnato dallo spegnimento del motore relativo, ci è scappato un applauso. Abbiamo raccolto risate anche da altri tavoli e ho il sospetto che gli operai volessero, incoraggiati dal nostro applauso, concederci un bis. Il pranzo è stato allegro e piacevolissimo e mi è servito per approfondire la conoscenza di Josè. Alcune cosettine sono anche finite sul mio registratorino, cercherò di estrarre qualche frammento che mi pare significativo.     

Guglie.jpgSagrada lato.jpg

l pomeriggio è continuato visitando Barcellona, con particolare riguardo per la Sagrada Familia (non lo so come si scrive, chiedo perdono). Josè è stato generoso nei particolari e devo dire che la cattedrale è veramente impressionante, soprattutto per le sue particolarità costruttive. Ma si faceva tardi e dovevamo andare a Llerida, ove si trovava il nostro albergo. Erano circa centosessanta chilometri, più tangenziale. Insomma, abbiamo salutato Josè, non prima di avere raccolto dalle sue mani la nuova rotaia, insieme alle prime indicazioni per il suo utilizzo. Josè ci avrebbe raggiunto l'indomani sul posto.

Abbiamo riscattato il nostro pulmino e ci siamo avventurati verso Llerida. Al volante Vyger. Il tempo stava peggiorando, e durante il tragitto abbiamo trovato una pioggia torrenziale. Durante il viaggio, non breve, la stanchezza cominciava a cadere su di noi e perfino Stefano si è addormentato. Anche Tommaso, di fianco a me, dava segni di voler fare la stessa cosa, e date le oggettive difficoltà nella guida e nella scelta delle strade, Vyger ha invocato la nostra collaborazione per rimanere sveglio. Allora Tommaso e io abbiamo cominciato ad aprire la bocca ripetutamente senza collegarla al cervello. Vyger disse che sembravamo la Gialappa's. Ma in effetti, nonostante aver sbagliato strada un paio di volte, ci siamo divertiti anche così.

Abbiamo finalmente trovato il nostro albergo. Intanto Stefano aveva contattato la signora Maria. Questo personaggio è troppo importante perchè possa parlarne adesso. Lo faremo domani. Per concludere dico solamente che finimmo di scaricare e registrarci dopo la mezzanotte e mezza e cenammo a panino e caffè. Ne approfittai per fare il riparto consuntivo della prima giornata e cercai di attuare il riparto. Sistemammo i conti (s.e.& o.), indi andammo a dormire. Era ancora una volta l'una e trenta. Da domani avremmo cominciato a "fare sul serio".

Sabato mattina. Llerida.

L'appuntamento per le nove fu rispettato da tutti, ci trovammo nella hall dell'albergo Ilerda. Abbiamo fatto colazione sul posto quando, mentre ancora sorseggiavo il mio tè, è arrivata la signora Maria. Una donna di circa cinquant'anni, vivacissima, allegrissima, e con la particolarità di essere una organizzatrice. Stefano la conosceva già e ci siamo vicendevolmente presentati. Abbiamo fatto conoscenza di suo figlio, diciottenne, anche lui nel ramo del modellismo spaziale. Questa signora, appena arrivata, prese in pugno la situazione e insomma, capimmo che ci saremmo messi subito in moto per andare al campo di volo.

pronti al via.jpg

Il breve tragitto fu compiuto in circa mezz'ora e approdammo in un posto praticamente desertico, una sorta di altopiano, circondato da brulla e rada vegetazione, per lo più secca. L'orizzonte si perdeva e solamente a dieci quindici chilometri si osservavano montagne o bassi rilievi. Molto nuvoloso e non freddissimo, il clima non era per nulla spiacevole. Anzi, richiedeva la felpa.

campo e nuvole2.jpgin cerca del disperso di Josè R.jpgQuasi invisibile.jpg

Scendemmo dal pulmino, era arrivato anche Josè, e vidi Vyger prendere per una mano la sua Micaela e con l'altra fare un ampio gesto come per comprendere la totale vastità del panorama. Disse semplicemente, con occhi pieni di orgoglio: "guarda dove ti ho portato". Micaela sarà anche innamorata, dato che a quel punto non ha ripetutamente colpito con il suo libro Vyger, ma invece gli ha sorriso. E' proprio vero che l'amore cambia le cose.

Siamo emtrati in un hangar dove si trovavano degli aeroplani-scuola guida. All'interno un meraviglioso Piper Cub, proprio identico a quello che costruiii (modellino volante) undici anni fa. Tommaso e Stefano ovviamente ne capivano moltissimo e insomma, c'era da osservare con ammirazione. All'esterno, al limite della pista, un enorme biplano veramente bellissimo affiancato da un piccolissimo autogiro. Sulla pista un altro aeroplanino.

hangar Josè e SF.jpgPiper.jpgMiki autogiro e Vyger.jpg

biplano e autogiro.jpgVy Tom e biplano.jpgaereo scuola.jpg

Siamo rientrati, Vyger e io, e abbiamo notato che dentro l'hangar non c'era più nessuno. Al di là di una porticina vi era un notevole brusio di gente. Attraversammo la porta e scoprimmo un localino ripieno di gente seduta a due tavoli. Insomma, QUELLO era il circolo ricreativo del club di volo. Abbiamo dovuto sederci e rifare colazione.

colazione al circolo.jpgesperto nella bevuta.jpgStefano beve.jpg

tentativo drink.jpgVyger ritenta.jpg

Simpaticissimi gli avventori, parevano proprio italiani in un bar italiano, discretissimi come gli italiani in un bar italiano. Infatti il livello sonoro delle urla e delle risate quasi mai ha superato i centotrenta dB. E vidi delle persone dotate di un fisico assolutamente incompatibile con il volo di un ultraleggero. Ma a quel punto avevo capito che il locale è in realtà un ritrovo anche per i contadini del posto.

Come dio volle, verso le undici qualcuno si ricordò per quale motivo fossimo lì. Cioè a qualcuno venne in mente che si poteva andare sul sito di lancio, a pochissime centinaia di metri di distanza. Tornammo sul pulmino e finalmente arrivammo nel "deserto" che mi aveva descritto precedentemente Stefano. Veramente il posto ideale per lanciare qualunque cosa, per dire, anche l'Ariane 44 di Jurg. Nessun problema e nessun timore di perderlo.

duello alle cinque della tarde.jpggruppo con rotaia.jpgRipartenza dal campo.jpg

Corvan decollo.jpgCorvan rotaia.jpgdecollo Fat Boy.jpg

Appena scesi dal pulmino, la signora Maria entrò in azione. Ci agguantò uno alla volta e ci consegnò, a turno, la targhetta dotata di badge e spilla, con il nostro nome e cognome. Poi ci consegnò una busta con dentro tutta una serie di attrezzature e materiale illustrativo della cittadina che ci accoglieva, magliette, cappellino, documentazione illustrativa turistica e, infine, un breve discorso di benvenuto e di ringraziamento.

Ragazzi, a quel punto io capii che la nostra gita era per queste persone qualcosa di più. Per loro era l'arrivo degli ambasciatori dell'Acme in terra spagnola. Non dimenticherò mai quei momenti, ho veramente compreso quale considerazione e quale importanza gli amici spagnoli ci danno, e con quale attenzione ci seguono in lista. Siamo stati trattati da alti rappresentanti in visita ufficiale. Non riesco a spiegare veramente bene le sensazioni che ho provato in quei momenti.

Ombrellone LCO.jpgpostazione di preparazione.jpgpostazione ridotta.jpgJosè Vyger rotaia.jpg

Josè ha estratto la sua rampa dotata di rotaia e gli demmo una mano per montarla, mentre altre persone costruivano un gazebo. Intanto Tommaso e Stefano cominciavano a scaricare le nostre attrezzature. Josè mi spiegava i particolari costruttivi della nuova rotaia e mi diceva che l'avremmo utilizzata per la prima volta. Molto semplice ed ingegnoso il sistema di controventatura per mezzo di picchetti martellati sul suolo, la rotaia risultò perfettamente verticale e ben irrigidita. Josè mi mostrò anche il sistema di abbattimento per consentire l'introduzione delle guide del missile in partenza.

prep rotaia.jpgStarburst su rotaia.jpg

Subito dopo montai l'attrezzatura di terra, vale a dire la centralina di lancio. Dovetti ripulire alcuni contatti e tutte le pinzette da ossidazioni ed incrostazioni. Per essere sicuro del buon funzionamento dell'apparecchiatura, chiesi ed ottenni una prova di accensione con un accenditore Estes Solar Igniter. La prova fu positiva e dichiarai "GO" il sistema di lancio.

Intanto il sole faceva capolino tra le nuvole, e un leggero vento faceva malcomprendere la potenza dei raggi solari. Ma sapevo che, anche se non era per nulla caldo, il sole picchiava forte e mantenni la felpa addosso. Intanto Tommaso aveva approntato il suo Starburst, il famoso bimotore e, dotato di due E9, fu il primo ad avere pronto al lancio un missile.

Lo accompagnai alla rampa di Josè e lo vincolammo alla rotaia. Breve controllo della continuità degli accenditori in parallelo e Tom si appropinquò alla centralina di comando. LCO di se stesso, Tommaso urlò il regolamentare count-down e il suo Starburst volò, lento e stabilissimo, nel cielo ancora molto nuvoloso. Volo perfetto, deploy all'apogeo, atterraggio a circa duecento metri di distanza.

Josè aveva veramente organizzato nei minimi particolari il raduno e mi mise in mano la tabella da riempire con i dati di tutti i missili che avrebbero volato. Il Flight Log richiedeva molti dati e, dopo aver messo quelli di Tommaso, primo volonteroso a rompere il ghiaccio, ci finirono anche nomi e dati dei missili degli altri ragazzi spagnoli. Ogni tanto passai l'incombenza ad altre persone.

Intanto, inaspettatamente, una strana visita sul campo attirava la nostra attenzione. Una camionetta dall'aria "istituzionale" era giunta e i suoi occupanti, indossanti divise simil militari o quantomeno indicanti personale dell'ordine pubblico, si erano mescolati nel gruppo degli spagnoli. Anche Maria e Josè discutevano pacatamente e insomma, si capiva che la visita era inaspettata ma amichevole. Insomma, capimmo che si trattava di qualcosa di simile a guardie forestali che dovevano fare rilievi su uccelli e animali del posto ed erano piuttosto incuriositi o preoccupati dai nostri lavori, temendo forse che i nostri missili potessero essere di disturbo per la fauna. Quindi Josè ci consigliò di lanciare comunque, a dimostrazione che i nostri missili non erano poi nè pericolosi nè eccessivamente rumorosi. Infatti, dopo averci osservato per una mezz'ora, i due "militi" han preso la camionetta e si son piazzati proprio nel mezzo del deserto, a circa trecento metri di distanza e, tirate fuori retine, han cominciato ad acchiappare uccelli e altri volatili.

Intanto si erano fatte le tre del pomeriggio, e a qualcuno venne in mente che si poteva andare a pranzo. Maria istituì due turni, per dar modo ad alcuni di mangiare lasciando sul campo gente per custodire le apparecchiature e le attrezzature. Andammo in furgone alla base e si mangiò il consueto menù. Via noi, tornati sul campo, il nostro posto fu preso dagli altri.

Il tempo stava peggiorando, nel senso che il vento rinforzava e, tesissimo, tendeva a ribaltare tutto quel che era sui tavoli e a spostare le cose leggere appoggiate sul suolo. Quando ci rendemmo conto che uno di noi doveva zavorrare l'ombrellone, per evitare di far volare via il nostro tavolino, il dubbio che la giornata di lanci fosse finita cominciò a serpeggiare, con evidente disappunto. Con calma e metodo abbiamo cominciato a smontare la nostra roba e osservavamo negli occhi di Josè il dispiacere per le sfavorevoli condizioni meteorologiche, certamente non dovute a cattiva organizzazione. Anzi, anche a noi dispiaceva interrompere la giornata di lanci, ma evidentemente il vento era semplicemente eccessivo per lanciare qualunque cosa. Infatti Vyger ne aveva approfittato per smarrire il suo nuovo boomerang, dopo una serie di voletti nemmeno tanto male.

è solo una finta.jpgcaduta orizzontale.jpg

Josè e sua moglie proposero una soluzione per occupare proficuamente il resto della giornata. Decidemmo di fare una visita in città, cercando di fare un po' di shopping nel grande centro commerciale.

Così ci infilammo nel cuore di Lerida, affollato di vita e brulicante di macchine. Ingorghi, strade a senso unico, semafori presi per il naso e finalmente dentro nel posteggio sotterraneo di un enorme centro commerciale. Tommaso alla guida vide con orrore il cartello che segnalava "altezza massima metri 2", pensando al pulmino che superava quella altezza. Eravamo incolonnati e non potevamo tornare indietro. Con dieci occhi scrutammo le travi del solaio del posteggio e per buoni cinque millimetri il nostro pulmino passò agevolmente. Trovammo un buco libero e posteggiammo. Josè aveva posteggiato in un altro posto e ci stava aspettando fuori.

Insomma, ci tuffammo allegramente in un ingorgo di gente che mi pareva di essere nei magazzini della Lorenteggio il sabato pomeriggio. Era esattamente la stessa identica cosa. Abbiamo subito perso Vyger e la Micaela, che si erano soffermati nel reparto dedicato a Star Trek e ai cartoni animati giapponesi. Tommaso si buttò alla ricerca e anche Stefano ed io abbiamo partecipato alla caccia, conclusasi vittoriosamente. Riunito il gruppo, passammo alle casse. Vyger fu in grado di acquistare anche un orrendo palloncino a forma di mostro giapponese.

Insomma, dato che le trentasei casse del centro commerciale erano tutte sovraffollate e stimato il tempo di attraversamento in almeno dieci minuti, io che non avevo niente da pagare infilai una uscita senza acquisti e mi unii a Josè e alla moglie. In un posto dove per lo meno si respirava.

Poteva essere abbastanza? Nossignori, spuntò l'idea di infilarsi nel vicino magazzino dedicato alle calzature. Quando entrammo e vidi la bolgia umana informai i ragazzi che li avrei aspettati al cancello. Fecero in verità molto presto e intorno alle venti uscimmo per andare a riprendere il nostro pulmino, mentre Josè ci avrebbe aspettato all'uscita.

Dio solo sa cosa deve aver pensato Josè per i venti minuti che noi abbiamo impiegato per tirar fuori il pulmino dal posteggio sotterraneo. Lo spiego in maniera ridicola ma fu una cosa piuttosto drammatica. Scoprimmo che per uscire dal posteggio bisognava imboccare una corsia estremamente ridotta in tutte le dimensioni, con una altezza che sicuramente non superava il metro e novanta. Tommaso vide che ci si andava ad incastrare e io raccontai di quella volta che mi misi nei guai con il Fiorino in una simile situazione a Milano. Per cui, con le macchine dietro di noi che suonavano, impazienti di guadagnare l'uscita (giustamente!), Stefano ed io scendemmo e cominciammo a cercare uscite alternative. Il nostro progetto era di uscire dall'entrata. Quindi cominciammo a fare da spartitraffico e permettemmo il riflusso delle machine dietro di noi, mentre Tommaso manovrava a marcia indietro e si reinfilava nei corridoi del primo piano sotterraneo. Trovammo per fortuna un vigilante abbastanza sveglio da capire la situazione e, con un po' di calma e sangue freddo tipico milanese, riuscimmo nel nostro intento, portando fuori il pulmino contromano e poi risalendo dalla rampa di entrata in un momento di scarso traffico. Il rischio corso era stato quello di incastrare in salita o in discesa il pulmino sulla rampa per la normale uscita. Insomma, il noleggiatore avrebbe avuto il suo pulmino perfettamente al sicuro, ma non più "estradabile".

Riguadagnammo il nostro albergo e ci ricomponemmo verso le ore ventuno e trenta, quando tutto il gruppo spagnolo si unì e ci prese a rate sulle auto private, per condurci al mega ristorante per la cena ufficiale. Io viaggiai sulla macchina della gentilissima moglie di Josè Ruendeles, con quest'ultimo che, parimenti gentilissimo, si è sforzato per tutto il viaggio a comunicare con me, riuscendovi meravigliosamente. Parlammo soprattutto delle cose della nostra lista e compresi che gli spagnoli ci leggono con molta attenzione, molto più di quanto possiamo supporre. E' per questo che rimango ancora di più ammirato per la loro considerazione e capisco molto meglio PERCHE' abbiano organizzato questo raduno in maniera da renderlo una visita ufficiale. Cioè, ragazzi, voglio dire che per loro la nostra visita era un incontro di estrema importanza. Sono cose che non dimenticherò mai.

La cena fu ad un tavolo enorme a cui presero parte una trentina di persone, tutti i ragazzi spagnoli e tutto il gruppo degli organizzatori. Fu una cena amichevole, rilassata ed allegra, e scambiammo anche molti pareri su molti di voi ragazzi. Bisogna dire che si è parlato bene di tutti, e devo anche dire che il modo in cui mandiamo avanti la nostra lista è considerato esempio di civiltà e di urbanità. Per non parlare dei contenuti, che vengono giudicati di elevatissimo livello. In pratica, ragazzi, il giudizio su quello che facciamo e scriviamo è totalmente positivo e di ammirazione. Quindi, questo è il mio consiglio, cerchiamo di continuare in questo modo, dato che abbiamo in lista persone lontane che ci seguono con passione e soprattutto che comprendono appieno tutti gli argomenti che affrontiamo.

Da parte mia posso dire a tutti che i ragazzi spagnoli ci ammirano e ci guardano come persone eccezionali. Conserviamo e difendiamo questa reputazione. Io sono rimasto colpito da come ci vedono gli spagnoli e soprattutto dalla loro gentilezza. Insomma, difficile da spiegare.

Finita la cena, tornammo in albergo ed il gruppo si sciolse, con l'appuntamento per l'indomani mattina, possibilmente ad un'ora ancora più mattutina. Fummo d'accordo per trovarci alle nove e io immaginai che avrei dormito al massimo quattro ore.

Lerida, domenica mattina

Come soldatini obbedienti fummo in piedi alle nove, "precettati" da Maria allo scopo di arrivare sul campo con largo anticipo, onde spendere il tempo saggiamente risparmiato in una lunga colazione.Fatta colazione tornammo sul campo, ed erano forse le dieci e trenta. Sole limpido, qualche nuvola, poco vento. Estraemmo le nostre attrezzature e ricominciammo le danze. Siccome il pulmino era stato posteggiato di traverso rispetto al vento, montammo il tavolino dietro di esso, in modo da avere riparo. L'ombrellone fu fissato al tavolino con fascette autobloccanti.

Vyger fremeva per lanciare il suo Fat Boy, anche se in verità sosteneva che fosse di Micaela. Il giorno precedente avevamo fissato al piccolo missile le guide per la rotaia, operando in diretta sul campo con trapano, disco separatore e altra varia attrezzatura da officina. Vyger aveva appesantito l'ogiva con della ferramenta tenuta assieme con notevoli quantità di colla vinilica. E aveva l'intenzione di lanciare il piccolo apparecchio dalla rotaia, dotandolo di un motore E9. Il motore pesava suppergiù quanto l'intero veicolo. Insomma, un incubo modellistico si apprestava a essere lanciato dalla rotaia. Tommaso lo installò sulla rotaia e facemmo alcune foto storiche con Micaela, non si sa mai che fosse l'ultima volta che avremmo visto intero il razzetto estremamente sovrapotenziato. Tommaso schiacciò il pulsante e il piccolo razzetto schizzò via velocissimo verso l'alto ma arcuando la traiettoria nel vento e sorvolando tutto il gruppo, con una traiettoria via via sempre più obliqua. Arrivato alla quota di almeno trecento metri, il suo percorso era assolutamente orizzontale, finchè si espletò il deploy e si aprì il piccolo paracadute, per l'occasione ridotto a un anello, dato che si temeva che il tempo di discesa sarebbe durato moltissimo, dato il motore installato.

Tom Fat Boy Miki.jpgMiki Fat Boy.jpg

Fortunatamente il paracadute si strappò quasi completamente ed il veicolo scendeva molto velocemente, riportandosi dapprima sopra di noi, assecondando il vento, ed atterrando a circa trecento metri davanti alla nostra postazione. Vyger lo recuperò facilmente e, felice per il positivo collaudo, tornò con il suo missile perfettamente intero. Seguirono altri voli, non tantissimi, e vidi Tommaso e Stefano armeggiare con grossi motori. Stefano aveva l'intenzione di lanciare il suo Sudden Rush, e preparava l'altimetro. Tommaso stava ricaricando un RMS mentre Vyger e io stavamo montando le guide per la rotaia sulla sua V2 notevolmente irrobustita dopo i divertenti voli del MIR. Ma ci accorgemmo che il vento stava ancora una volta alzandosi, proveniente dall'immensità dietro di noi e diretto verso altrettanto immensi spazi davanti a noi. Insomma, di ostacoli e di ripari non ce ne erano e sospettammo che il vento sarebbe durato per tutta la giornata.

Siccome per il nostro pranzo avevamo il secondo turno, per contraccambiare la gentilezza degli amici spagnoli del giorno precedente, l'unica cosa da fare era quella di preparare missili piccoli, quindi Tommaso e Stefano sospesero le operazioni sui loro missiloni. Intanto ricevevamo un'altra visita dalla camionetta dei simpaticissimi tutori dell'ordine, che assisterono a piccoli lanci da parte degli amici spagnoli. Arrivato il nostro turno, ci sedemmo al tavolo. Ma, improvvisamente, una notizia arrivò inaspettata. La signora Maria era rimasta vittima, nel tragitto tra il campo e l'aeroclub, di un incidente con la sua auto. Possibile, nel deserto? Le notizie frammentarie erano angoscianti, si parlava di auto caduta in un dirupo, di tante cose drammatiche. L'ultima nuova fu che la signora Maria, alla guida del suo autoveicolo, avesse inciampato in un grosso sasso che aveva rotto il tubo della benzina che corre sotto il telaio tra il serbatoio e la pompa. Come un sol uomo Vyger e Tommaso scattarono, uscendo a portare soccorso. Poco dopo uscemmo anche Stefano ed io, e trovammo il gruppo fuori nel posteggio, attorniante la macchina di Maria, con Tommaso sotto di essa. Tommaso stringeva il tubo plastico della condotta benzina, rotto a metà, mentre perdeva fiumi di benzina. Sembrava il famoso bambino olandese con il dito nel buco della diga. Stoico. Eroico. In attesa di soccorso.

Intanto Vyger preparava una pezza di gomma, da stringere attorno alla rottura con fascette autobloccanti. In pochi secondi Tommaso operò l'operazione chirurgica e l'"emorragia" di prezioso e pericoloso combustibile fu arrestata. Tommaso fu acclamato come salvatore e il gruppo italiano acquistò nuovo e rinnovato splendore.

Iniziammo il pranzo, che, dato il vento, fu proseguito ad oltranza, tanto era chiaro che non si sarebbe potuto lanciare alcunchè. Tommaso all'aroma di benzina.Nel tardo pomeriggio cominciammo ad abbandonare la tavolata, riunendoci nel pulmino, magari per chiudere occhio per qualche minuto. Eravamo tutti piuttosto stanchi e io personalmente avvertivo la mancanza di parecchie ore di sonno. Ci raggiunse Josè e scambiammo piacevoli chiacchiere. Verso sera vidi scene commoventi, vere sequenze finali da film strappalacrime: Tommaso che, aperte le braccia come Ronaldo dopo uno dei suoi rari gol interisti, si librava nel vento, tentando di spiccare il volo; Stefano che, pensieroso e malinconico, mani in tasca, sostava lontano da tutti, fissando le nuvole a forma di "discoide", vere opere d'arte meteorologiche; Vyger che se la prendeva con le mosche, apparse improvvisamente (il giorno prima non c'erano!), minacciandole di sterminio; Micaela che stava per finire il dodicesimo quadruccio a punto croce; ed io che, con la cuffia in testa, riascoltavo i brani audio registrati nei giorni precedenti. Si sentiva l'odore della fine della felicissima gita.

Josè e sua moglie ci dissero che si poteva prendere la strada dell'albergo, onde rinfrescarci e poi essere pronti per una gita serale a Llerida per una veloce cena conviviale. Quindi salutammo alcune persone che non avremmo più visto, mentre Maria cercava un meccanico urgente per risistemare il tubo della benzina (che, con la riparazione di emergenza di Tommaso e Vyger NON perdeva più). Appuntamento per la sera con un gruppo ridotto. Ci trovammo in un localino molto pieno, entro cui trovammo un tavolo che ci vide in una quindicina, tra cui Maria e figlio, Josè Ruendeles e Josè accanto a me e Vyger. In realtà non avevamo poi molta fame, dato che in pratica avevamo appena smesso di mangiare al circolo di volo. Ma, insomma, a furia di aspettare che il cameriere ci desse attenzione, finì che si ordinò parecchia roba. Fu in quei momenti che Vyger tirò fuori il suo palmare e scrivemmo il messaggio a puntate che avrebbe dovuto arrivare in diretta tramite il cellulare di Tommaso. Qualche problema di connessione e di impostazioni rese vano il tentativo, ma il pensiero per i ragazzi della lista fu sincero e appassionato. Andammo a dormire leggermente prima del solito, dopo aver salutato gli amici spagnoli con cui siamo stati benissimo. In particolare ricordo la signora Maria e la sua incredibile organizzazione, dotata di polso, efficienza e puntualità. Veramente incredibile.

Lunedì mattina ricaricammo i bagagli sul pulmino e alle ore dieci, dopo aver spedito qualche cartolina ai nostri cari, fummo sulla strada del ritorno. Non fu un viaggio malinconico, anzi, devo dire che ci siamo divertiti ancora una volta. Certo, pause di riflessione e di rimuginamento hanno qualche volta interrotto le chiacchiere, ma fummo concordi nel valutare estremamente positivamente la gita. Abbiamo veramente imparato tante cose. Arrivammo verso le ventitrè, Stefano andò a ritirare la sua macchina e mi portò a casa, mentre Tommaso conduceva a casa sua i due bolognesi. Per concludere la gita, dato che Vyger aveva ormai considerato una giornata aggiuntiva nel noleggio del pulmino, avremmo girato anche l'indomani per Milano. Abbiamo così allungato la gita e ci siamo infilati alla Hoepli, immergendoci tra i libri. Al momento di mangiare, fui in minoranza circa la scelta del locale e acconsentii ad entrare in un ristorante giapponese, aperto praticamente solo per noi.

Mangiai giapponese e sono ancora qui.

ristogiappomilano.jpg

Stefano ci lasciò verso le sedici, mentre Tommaso e io accompagnammo Vyger e Micaela nuovamente in centro. Visitammo a Palazzo Reale la mostra fotografica su Marilyn. Insomma, siamo stati insieme ancora un po'. Poi giù nel Metro' e, infine, a Cadorna, ci siamo salutati, io tornavo a casa passando a piedi per via Washington dove avevo lasciato la mia auto.

Micaela mi salutò con un bacione (ciao Micaela, felice di averti rivisto!), mentre un identico trattamento NON lo pretesi da Vyger. Salutai i ragazzi mentre correvano giù per prendere il treno che già stava arrivando, e uscii tranquillamente buttandomi nelle familiari strade di Milano, con la calma che normalmente non posso concedermi.

E la cosa è finita così.

A questo punto ringrazio i ragazzi che mi han fatto compagnia in Spagna, ringrazio Stefano e Tommaso per l'invito, ringrazio tutti i ragazzi spagnoli per l'incredibile accoglienza ricevuta, con particolare riguardo per Josè e sua moglie Eva, un saluto affettuoso per Josè Ruendeles e sua moglie. E ringrazio ovviamente tutti voi ragazzi che avete letto questo lungo report a puntate. L'ho fatto essenzialmente per due motivi, che sono sempre gli stessi: trasmettere le mie sensazioni a voi che non eravate con me e, altrettanto importante, per fissare i ricordi su un supporto che li conservi meglio della mia memoria.