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3° Razziraduno - Lleida (Spagna)
9/10 agosto 2003

Filmati:
Amraam 4
Deuce's Wild Upscale (2x38mm)
Sudden Rush

Quest'anno farò un report estremamente dettagliato e corredato da dati inoppugnabili, cifre alla mano, cosicchè non si possa dire che faccio solo letteratura. Mi dispiace, ma la precisione e il rigore devono tornare a regnare nella nostra lista, per cui il tono del mio report sarà piuttosto preciso, drammatico e serissimo.
Vi rapporto un pochino del terzo Razziraduno italo-spagnolo, tenutosi presso l'Aerodromo di Alfès, vicino alla bellissima cittadina di Lerida, sabato e domenica scorsi.

In base ai dati raccolti Lerida oggi conta tra i centoventimila e i centoventicinquemila abitanti. Non li ho contati, per cui tenete nota di questo dato come incerto. Il cuore dell'organizzazione è nelle mani del nostro José Luis Cortijos e in quelle dell'efficientissima Mari, una donna vulcanica che ha delle incredibili capacità di relazione. Lo noterete nel corso di questo report.
Da parte nostra la faccenda era partita con delle iniziali intenzioni di partecipazione che si sono negli ultimi giorni un pochino ridotte, sì che abbiamo pensato di rinunciare al torpedone per utilizzare l'auto di Stefano. L'auto di Stefano possedeva, alla partenza, quattro ruote e un motore. Vedremo alla fine se i conti torneranno.
La spedizione, composta da Giacomo Bosso e fidanzata Elisa (ciao Elisa!), da Stefano e dal sottoscritto in qualità (come al solito) di partecipante non lanciante (con compiti di supporto, di cronaca, di amministratore per le spese generali e per lavori generici), si è riunita a Torino verso le dieci di venerdì mattina sulla tangenziale.
Giacomo è arrivato accompagnato da suo papà Valentino, con un'attrezzatura del volume approssimativo di un metro cubo. Il bello è che Stefano è riuscito a far stare praticamente tutta la roba di Giacomo nel pur capiente vano bagagli della sua auto che sicuramente NON arriva a un metro cubo. E non è stato necessario rinunciare all'utilissimo computer portatile di Giacomo, con dentro tutte le simulazioni dei suoi modelli.Il viaggio iniziava così, molto allegramente.
Il tono dei discorsi dell'andata era misurabile tra i venti e i quaranta milliTontos, unità di misura delle facezie. Il Tontos è l'unità di misura della scioccaggine, e si ottiene solitamente quando un premio Nobel della fisica si mette a discutere del tempo atmosferico o della stagionatura del parmigiano reggiano con il leader del gruppo rock di Memphis, i "Thirsty Boots". Evidentemente è un'unità di misura estremamente grande, per cui nell'uso quotidiano se ne impiegano i sottomultipli. Per un riferimento della poco conosciuta misura, tenete conto che un normale testo di una canzone di Jovanotti misura circa dodicimila MegaTontos.
Durante il viaggio, il traffico era piuttosto scorrevole e si potevano fare tranquillamente i centotrenta e anche qualcosina di più, ho potuto approfondire la conoscenza di Giacomo e di Elisa. Due bravissimi ragazzi, entrambi studenti universitari, con i quali si è parlato di modellismo, di astronautica, di volo a vela, di tante altre cose, cosicchè il tempo scorreva via piacevolmente. Abbiamo incontrato uno sterminio di caselli autostradali francesi, poi quelli rarissimi spagnoli e infine, intorno alle ore ventitrè, posteggiammo all'hotel Ilerda, il medesimo che ci accolse anche l'anno scorso.

José Luis e la moglie Eva, Gerald Costa e la signora Mari erano sul posto ad aspettarci e l'incontro è stato affettuoso e caloroso. La prima cosa che notammo del posto era il caldo atmosferico, temperature alte sì ma il contenuto di afa sicuramente inferiore a quello della nostra pianura padana. Il tempo di prendere possesso delle nostre camere, posare i bagagli e subito giù per andare in un vicino locale per la cena. La signora Mari prese subito il controllo della situazione. Cena leggera e veloce, e poco dopo l'una e un quarto fummo a letto. L'appuntamento per la mattina era alle ore nove, quindi puntammo le sveglie per le otto.

Sabato mattina fummo in piedi intorno alle otto. Stefano ed io dividevamo la camera e ci eravamo organizzati per benino con i turni per la doccia, e anche la regolazione per il condizionatore non ci aveva visti su posizioni troppo lontane, per cui le negoziazioni andarono sempre per le spicce. Quindi alle nove eravamo giù per la colazione.
Riunito il gruppo con l'arrivo di Giacomo ed Elisa e José e sua moglie Eva, non restava altro che affrontare il breve tragitto per l'aerodromo, un viaggetto di nemmeno venti minuti. Si era deciso di installare le nostre attrezzature dall'altro lato dell'enorme campo, diciamo a circa tre chilometri dal luogo in cui avevamo lanciato l'anno scorso. Ma, naturalmente, prima c'era la sosta al ristorantino dell'aeroclub, popolato dai caratteristici personaggi del luogo, alcuni dei quali erano persone che avevamo conosciuto l'anno scorso. Ci fermammo solo pochi minuti e decidemmo di andare subito sul campo per preparare le attrezzature.

Montammo così i nostri gazebo, la rampa di José e la sua centralina. A un bel momento Josè mi consegnò la tabella per la registrazione dei lanci, il risultato lo vedete sul suo sito nella pagina dedicata al raduno. Sono veramente felice del fatto che tutti i dati, nonostante la mia grafia piuttosto caotica, siano stati esattamente interpretati.

Stefano ha dato inizio alle danze con il suo Aspire, un modellino estremamente leggero ed aerodinamico. Dotato di un motore D12-5 tanto per saggiare le condizioni meteorologiche (facile, caldissimo e assenza di vento), il modello è schizzato a circa seicento metri. Dotato di uno streamer che si è strappato, l'atterraggio è stato veloce. Non ricordo a quale distanza ma veramente molto vicino, da quel momento in poi sono stato piuttosto preso con tutti i ragazzi presenti circa le incombenze relative alla mia tabella da riempire. Ciò presupponeva un certo andirivieni tra la nostra postazione e quella della rampa, ove intervistavo le persone che via via si preparavano al lancio del loro modello.
Sono stato anche più volte LCO, in alternanza con Eva, anch'essa estremamente seria e preparata. La centralina di lancio del gruppo spagnolo ha lavorato perfettamente sfruttando la batteria dell'auto di José. Questo fatto era per noi importante, in vista del lancio del nuovo modello di Giacomo che ci aveva molto preoccupato e per il quale ci eravamo molto preparati in anticipo.Devo ricordare i lanci simpaticissimi dei due giovanissimi Ania e Genìs Parareda (spero di averlo scritto giusto!), due fratelli che arrivavano a turno con i loro modelli. Bravissimi e disciplinati, hanno avuto le loro soddisfazioni, sono presenti sulla tabella finale.

Finalmente arrivava il turno di Giacomo Bosso. Il nostro eroe aveva pronto il suo nuovo modello, un "Carbonix", interamente rivestito in fibra di carbonio, a vista in alcune zone. Il modello era dotato per la prima volta nel nostro gruppo, di un motore H148R, che indica un nuovo tipo di formulazione del combustibile (simile al Blue Thunder) dotato della caratteristica di produrre una vivace fiamma rossa. Questo modello era frutto di notevoli studi di Giacomo ed era dotato di un altimetro che poi sarebbe servito per un ben più importante lancio, cosicchè per Giacomo era una sorta di prova di affidabilità dell'apparecchiatura.
Quindi si era preoccupato di far eseguire il deploy al motore. Il sistema di paracadute era estremamente tecnologico ed avanzato, un sistema RocketMan dotato di deployment bag in Nomex e paracadute estrattore, una cosa simile a quella che si vede nei voli spaziali dell'Apollo, tanto per intenderci. Immaginate il momento del deploy, con un piccolo paracadute che serve ad estrarre una busta in Nomex che avvolge completamente il main, che viene estratto per la decelerazione dal pilot. Niente deve essere affidato al caso, e l'opera di piegamento e disposizione del sistema all'interno del vano è delicata.
Il lancio è stato entusiasmante, e per la prima volta assistemmo alla fiammata rossa del motore, veramente uno spettacolo. Altezza notevole, diciamo un mezzo chilometro ad occhio, anche se Giacomo mi diceva che Rocksim prevedeva circa seicento metri. Una volta recuperato, però, l'altimetro indicava mediante i bip-bip un'altezza di soli duecentosette metri. Stefano studiò subito la faccenda e giunse alla conclusione che la piccola sezione del payload in cui si trovava l'altimetro era forse soggetta a variazioni repentine di pressione, trovandosi appena al di sotto dell'ogiva. Una cosa che andava assolutamente chiarita prima del nostro lancio più importante.

Si sono visti, ovviamente, i classici Optima, Arreaux, Arcas, Astrobee. Ma ad un certo punto han cominciato a vedersi i grossi calibri. José ha estratto, dopo un notevole lavoro di preparazione, il suo famoso Corvan, dotato di un H97. Per questo lancio il movimento di fotocamere e cineprese è stato notevole e possiamo dire che è stato il lancio finale, dato che si stava alzando il vento. Ma altre persone osavano sfidare le condizioni meteorologiche e, dopo un paio di modelli felicemente recuperati, Stefano pensava bene di lanciare di nuovo il suo Aspire con un E9, tanto per sperimentare le grandi altezze. Decideva così di NON dotarlo di paracadute o streamer, perchè il forte vento lo avrebbe fatto probabilmente arrivare in Portogallo. Stefano fu saggio perchè il suo modello, dato il forte vento, sospinto da trenta Ns, è quasi sparito alla vista di tutti alla sommità della traiettoria e durante la discesa, anche alla sua. Era sparito a circa DUE chilometri verso sud, e Stefano indicava una zona di alberi e case, al termine di una vallata.Che fare? Tanto il forte vento avrebbe impedito altri lanci e l'ora per la cena era ancora lontana. Quindi ci siamo messi in cammino, dimenticando borracce e bussola. Vagammo per il deserto nella direzione indicata e sparpagliandoci a ventaglio, nella speranza di rinvenire il piccolissimo e affusolato modello. Alcuni di noi manifestarono la volontà di essere lasciati indietro, moribondi sulla sabbia, per non ostacolare la missione. Mi offrii più volte di dare il colpo di grazia ma si vede che non era necessario. In alto giravano i condor. Ma vedemmo arrivare furbamente in macchina Gerald, che si era unito alla spedizione. Dopo quasi un'ora di ricerche Stefano dichiarò ufficialmente disperso il suo modello e ci contammo. Pochissimi i morti e accettabile il numero di dispersi, cominciammo la marcia di ritorno. L'Aspire di Stefano risulterà essere l'unico modello che non sia ritornato a casa.Non era tardissimo, almeno per i canoni spagnoli. Così, dopo aver smontato tutto, scoprimmo che avevamo il tempo di andare in città per visitare il famigerato centro commerciale! Ragazzi, e intendo per ragazzi Tommaso e Vyger, abbiamo ripetuto esattamente la visita dell'anno scorso! Di nuovo nel posteggio e di nuovo nel centro commerciale, in mezzo alla simpaticissima folla di Lerida. E poteva mancare la visita al magazzino di calzature? Nossignori!. Dentro anche lì.

Per fortuna alle nove han chiuso e solo dopo una mezz'ora di coda alle casse riprendemmo la strada del nostro albergo, ove con comodo avremmo avuto quindici minuti per fare la doccia. Per poi ritrovarsi giù e recarsi al ristorante poco fuori città. La serata era dolcissima, con un clima asciutto e freschissimo, pensate: ventisei gradi soltanto.Cena tranquillissima, clima cordiale e tra l'altro anche poca fame, dato che avevamo "pranzato" tra le sedici e le diciotto! Ma la birra era gradevolissima, tanto che l'ho assaggiata anch'io. Fu facile tirare l'una e un quarto, e infine, a letto. Stefano puntò la sveglia alle otto meno un quarto, ma sapevo già che non mi sarebbe servita. Stefano russa poco, devo dire, ma anche se lo facesse non mi darebbe fastidio. Non so se io lo faccio nei miei quarti d'ora di sonno, chiedetelo a lui.

Domenica mattina arrivò puntuale. Evidentemente la terra gira uguale anche in Spagna. Meglio così, un pensiero di meno. Mi piace avere tutto sotto controllo, è veramente consolante sapere che al mondo esistono alcune certezze. Colazione con José Luis e Eva, poi di nuovo in macchina per il campo. Mentre gli spagnoli facevano la colazione spagnola noi montammo le nostre tende e le attrezzature, mentre José Luis e Gerald giravano avanti e indietro per portare sedie, ombrelloni, basamenti d'appoggio. Sicchè alle dieci eravamo già pronti. Stefano e Giacomo avevano saggiamente preparato alcuni motori la sera precedente, quindi si poteva dare inizio alle danze. Cominciava il nostro Giacomo, che nell'attesa di lanciare il suo modello bimotore che avrebbe rappresentato il pezzo forte del raduno, aveva l'intenzione di riprovare l'altimetro che avrebbe dovuto effettuarne il deploy. Siccome il volo del giorno precedente non era stato soddisfacente per la valutazione della quota da parte dell'apparecchiatura, si era deciso di rifare il volo del suo CarbOnix, dopo avere leggermente aumentato di diametro i fori della sezione payload. Quindi un volo di prova anche questo.Con un H123 il modello di Giacomo ha volato perfettamente e al recupero il tono audio dell'altimetro indicava finalmente una cifra che pareva molto più realistica. La quota indicata era di circa quattrocento metri. Quindi, via libera per l'operazione "Deuce's Wild". Notavo Giacomo diventare sempre più agitato e lo sottoponevo a una serie di battute rilassanti, basate su arcaiche forme di scongiuro, esagerazioni di incidenti trascorsi nel campo del modellismo spaziale, racconti mitologici di lanci falliti e quant'altro. Naturalmente ero impegnato nella registrazione di tutti i lanci, quindi saltuariamente ero sotto la nostra tenda per osservare la preparazione del grosso modello, ma Stefano era sempre lì, addosso a Giacomo. Elisa intanto aveva fatto amicizia con la moglie di José Luis Sanchez, ciò che da noi si definisce una "sagoma", veramente una persona simpaticissima.Han volato molti modelli, poi è arrivato il Sudden Rush di Stefano, caratterizzato dalla doppia espulsione, tutto perfetto come al solito, solo una quota che avrei detto non così alta come preventivatomi da Stefano. Sarà che di solito all'apogeo non vedo più i modelli meno che enormi, e il Sudden Rush invece sono riuscito a seguirlo per tutto il volo, tutto qui.Josè Luis ha lanciato ben due modelli, prima il suo Amraam con un motore Red Line I238, credo, con una quota di circa seicento metri. Eva ed io lo abbiamo recuperato a circa duecento metri di distanza, notando un lieve danneggiamento di una pinna. José dice che

non è grave, la riparazione sarà effettuata nei prossimi giorni. L'altimetro bippava allegramente di circa milleottocento piedi. Quindi, dopo alcuni voli di modelli più piccoli, è stata la volta del suo Astrobee, quello che abbiamo visto al nostro MIR in giugno come partecipante alla mostra di riproduzioni. Lanciato con antenne e ganci, sotto la spinta di un G64 che pare essere il motore più adatto per questo modello, i suoi bravi quattrocento metri sono stati ancora una volta raggiunti. E arrivava così il momento tanto atteso. No, non quello del pranzo, avevamo deciso di NON pranzare, tanto per cambiare. Cioè avevamo deciso che lo avremmo fatto DOPO questo evento. Quindi la delegazione dell'Acme si è compattata e come un sol uomo ha lavorato per il lancio di Giacomo.
Stefano aveva la situazione sotto controllo e dopo aver ricontrollato tutto ha dato l'OK per il lancio. Immagino come dovesse sentirsi Giacomo, anche se dissimulava veramente bene.

 

Abbiamo installato il modellone (che pesava quattro chili) sulla rotaia. Accurate operazioni di connessione elettrica degli accenditori, foto di gruppo davanti al modello PRIMA del lancio, quella che vedete sulla pagina di José Luis.

Stefano ha ricordato a Giacomo la possibilità di ottenere un migliore volo accendendo l'altimetro, e fummo pronti. Tutti erano attorno alla rampa di lancio, e nessuno voleva fare l'LCO. Quindi, nuovamente mi assunsi il compito, e Giacomo mi osservava e trovava anche il tempo di notare che lo guardavo durante il count-down. Ero curioso soprattutto di vedere come avrebbe reagito LUI. Al momento del T=zero, naturalmente, tutti gli sguardi erano sui motori. Il motore di sinistra denunciò l'attivazione dell'accenditore, fumino bianco, colpo secco e pausa. L'altro invece non disse nulla. Continuavo a tenere premuti i pulsanti della centralina, quello di sicurezza e quello di start, ma mi rendevo conto che i secondi passavano e mi allarmai. Ma non cedetti e improvvisamente il motore di sinistra ricominciò a produrre rumore, e in circa mezzo secondo prese vita, con la lingua di fuoco rossa che raggiunse una lunghezza di circa trenta centimetri.

Il modello decollò con un'accelerazione apparente di non più di quattro g e lasciata la rampa oscillò solo alcune volte, spostandosi lateralmente di circa un metro prima di diventare assolutamente stabile. Perfetto, mi aspettavo di vedere ruotare furiosamente l'intero modello sotto la spinta di un solo motore, ma in quel momento compresi che il veicolo era già salvo qualunque cosa accadesse. Circa al momento del burnout del motore destro osservai la scia di fumo bianco ingrandirsi, il che indicava che anche l'altro motore si era acceso, veramente curioso e addirittura inaspettato (cioè avevo pensato che l'intero volo si sarebbe effettuato con un solo motore). Quindi il modello raddoppiò la quota e rimase bassino, quanto si può esserlo con seicentoquaranta Ns, naturalmente. Il modello dimostrò una perfetta espulsione dei paracadute e Giacomo si era già avviato per recuperarlo. Lo seguii e dietro di me anche Stefano. Lo raggiungemmo in mezzo a un campo concimato popolato da un impressionante numero di mosche, con in mano il suo modello e tutto il sistema di recupero sparso. Scambi di complimenti, Giacomo aveva compiuto l'impresa per la quale valeva la trasferta. Del resto un simile lancio si poteva fare solo nel bellissimo campo spagnolo, veramente uno spettacolo a cui si doveva assistere.La tensione era ormai caduta, e ascoltavo Giacomo che già faceva supposizioni sull'accensione. Di questo parleremo in lista più avanti, anzi la faccenda dell'accensione di cluster di compositi mi incuriosisce alquanto e per me rimane un bellissimo campo di sperimentazione seria nel modellismo spaziale, cose che hanno veramente molto da insegnare.

   

Decidemmo che il raduno si era concluso, e fummo veloci nel mettere via tutto. Alle sedici e un quarto ci riunimmo al ristorante dell'aeroclub per il "pranzo", menù della casa. Alla fine del pranzo vidi la signora Mari e Gerald e Andreu prendere in mano la tabella riempita con la mia scrittura disordinata per ricomporla e per controllare il tutto. Il risultato, sulla pagina di Josè, è veramente preciso.Alle diciotto e trenta prendemmo la decisione di trasformarci in turisti. La signora Mari ci fece da guida per una veloce visita alla cattedrale di Lerida. Stupenda e piena di storia, soprattutto una storia di devastazione dissennata. Ma la storia recente dice che vi è uno sforzo di recupero della memoria, di ricostruzione nei limiti del possibile e di divulgazione delle tante vicissitudini che quest'opera dell'uomo ha passato.Alle venti e quaranta doccia, poco dopo le nove e trenta a cena. La cena è stata rilassante e nello stesso localino in cui l'anno scorso io e Vyger aspettammo inutilmente il gelato, mentre gli altri gozzovigliavano con i fritti. La signora Mari ci mostrò anche una serie di foto di manifestazioni culturali incredibili, rievocazioni storiche in costume, e che costumi, di una ricercatezza e di una preziosità incredibili. Fu il momento dei saluti, la spedizione volgeva al termine. Salutammo Mari e Andreu, invitandoli da noi al prossimo MIR. José Luis e Eva rimasero con noi in albergo, per poterci salutare l'indomani al momento della nostra partenza. Così fu e lunedì mattina la preparazione della macchina di Stefano fu una cosa laboriosa e precisa. José ed Eva, grazie di tutto. Ci imbarcammo e le dodici ore di viaggio tranquillissimo volarono allegramente, anche grazie ai dodicimila caselli francesi. Trovammo a Torino il papà di Giacomo, e passai con lui un quarto d'ora di chiacchiere di astronautica (grande appassionato anche lui!), mentre gli altri sbaraccarono armi e bagagli. Mi trovai così da solo con Stefano, per l'ultimo tratto di autostrada. Improvvisamente mi squillò il telefonino, era Vyger dall'Olanda. Salutammo Vyger e la Michaela e raccontammo dei lanci che avevamo appena concluso. Vyger disse che eravamo come i pescatori, chissà cosa voleva dire...Alle ventitrè fui davanti a casa. Sapete cosa mi disse Stefano per salutarmi? Di cercare di dormire! Beh, lo sto facendo in questi giorni!
Durante la gita ho dormito pochissimo, ma per me è normale, non riesco a dormire pensando a tutte le cose nuove, alle persone incontrate, a quanto seguirà il giorno dopo, eccetera. Difficile da spiegare, ma gli ansiosi capiranno.Ragazzi, chiudo qui il report della spedizione spagnola. Il Razziraduno è ormai una tradizione, notate soprattutto l'impegno dei nostri amici, la loro amicizia e la considerazione che essi hanno per noi. Sono cose importanti, che testimoniano cosa si nasconde nel nostro hobby, non solo il lancio di modelli spaziali. Ecco, quello che mi interessava trasmettervi è soprattutto quello che non ho scritto pecisamente mediante le parole, non lo so se ci sono riuscito ma l'intenzione c'era.Vi ringrazio per l'attenzione, e un pensiero particolare è per i nostri amici spagnoli. L'anno prossimo dobbiamo veramente organizzare una spedizione numerosa e cospicua. Ragazzi, non prendete impegni e
cominciate fin da ora a segnarvi l'anno prossimo la partecipazione al quarto Razziraduno.